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INSE Franco Utili

Milic mi voleva insegnare il serbo

Franco Utili I.N.S.E.

Il Maestro, sorridendo sornione, sovrintendeva a tutte le operazioni.
Noi istruttori, i primi della Scuola del CAI, eravamo stati nominati per "chiara fama", come amava ripetere Giorgio Pasquini.
Probabilmente eravamo il meglio che in quel momento la speleologia italiana poteva produrre...ma a noi la cosa non ci toccava più di tanto. Facevamo quello che ci piaceva fare, e tanto bastava.
Non c'erano alberghi ad ospitarci, chè Milic ci forniva solo i pasti, ma grandi tendoni militari. Era già un lusso, dato che eravamo abituati a dormire all'aperto nei sacchi a pelo americani di kapok, allora i migliori per tenuta termica. Peccato che occupassero un intero zaino!
E poi teoria e pratica.
Ma gli allievi chi erano? In pratica allo stesso livello degli istruttori. A me toccò in sorte Franco Giampaoli, fortissimo perugino, che già conoscevo bene perché tra Gruppo Speleologico Fiorentino e Gruppo Speleologico Perugino c'erano rapporti di collaborazione. Gli insegnavo qualcosa? Mah! Guardavo quello che faceva, dato che mi avevano affidato quel compito, e poi ci facevamo delle risate fenomenali! Non avevo proprio niente da insegnargli.
Il secondo corso (in realtà il 6° per la Scuola), se la memoria non mi tradisce, lo facemmo in un convento di suore (Convento del Sacro Cuore nella periferia di Perugia), credo in provincia di Perugia, grazie all'interessamento di Francesco Salvatori, noto membro della Sezione Stella Rossa di Perugia del Partito Comunista!
Ci divertimmo un mare, anche se non riuscii mai a dormire nel mio letto, braccato dagli allievi che goliardicamente bagnavamo abbondantemente. Non essendo al livello di quelli del primo corso avevano bisogno di acqua per crescere!
Ma anche "ora et labora": le lezioni in aula e quelle in campo non scherzavano. Fu un'altra esperienza indimenticabile. Tra gli altri licenziammo Ferruccio Cossutta, che in seguito promosso INS, da quel momento poté propinare a tutti i corsi i suoi micidiali rilievi.
Poi la Scuola si è strutturata, all'entusiasmo del primo momento è subentrata l'organizzazione vera e una seriosa serietà. Non c'è più stato il tempo, e forse la voglia, per scherzare e prendere le cose dal lato allegro. Eravamo maturi e seri, ma avevamo perso l'entusiasmo.
Poi è venuto il tempo delle regole: dopo tante assenze, fuori! E così molti della prima ora se ne sono andati o giù di lì. Qualcuno ha provato a resistere ma alla fine "chi me lo fa fare" e ha mollato. Sono rimasti i più motivati.
A me, dopo l'uscita dalla militanza attiva è toccato in sorte di essere nominato "emerito". Ringrazio ancora chi mi ha proposto e chi mi ha votato, anche perché non era facile sostenere un "anarchico" che, seppure sempre fedele al CAI, amava e ama compromettersi con la Società speleologica Italiana, la UISP, la Lega Ambiente e continua a pensare che se la Scuola nazionale di Speleologia si contaminasse di più non avrebbe che da avvantaggiarsene.
Che questo compleanno ci stimoli "ad meliora quedam et magnificentiora".

Estratto dal libro "50 anni di speleologia della Scuola Nazionale di Speleologia CAI 1958 - 2008"
a cura di Pino Guidi, Francesco Salvatori e Totò Sammataro