Gli inizi
A fronte della disponibilità del CAI Centrale la risposta della periferia è stata molto tiepida. I primi di maggio del 1959, in una lettera a Salvatore Dell'Oca, Finocchiaro lamentava che alla segreteridel Corso fosse pervenuta una sola richiesta di partecipazione; nel dubbio che la mancata adesione potesse essere dovuta alla quota d'iscrizione, fissata in lire 7.0001 (comprensiva di vitto e alloggio per dieci giorni), la Commissione Grotte cercò sostegno finanziario presso l'Ente per il Turismo e presso l'Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo di Trieste, riuscendo a ridurre la quota a lire 5.000. Ciononostante il 10 luglio – poco più di un mese prima dell'inizio del Corso – gli iscritti erano soltanto sei.
La mancata rispondenza a quest'iniziativa del CAI Centrale, che per la prima volta si interessava direttamente alla speleologia, può essere ascritta a vari fattori. Il più rilevante è sicuramente da attribuire alla mentalità predominante nei gruppi grotte CAI in cui la speleologia era già operante e attiva; in questi gruppi non era sentita la necessità di mandare a imparare all'esterno i loro allievi, considerando sufficienti i corsi interni già attivati o in via di realizzazione. Dove invece la speleologia non era molto ben presente – sezioni con gruppi piccoli e attività marginale – questa disciplina non era considerata importante dalla Sezione o dai suoi dirigenti, e pertanto non degna di soverchia attenzione (al punto che talvolta gli speleologi non ricevevano neppure notizia dei corsi programmati a livello nazionale). Comunque, nonostante le cattive premesse e i timori di un insuccesso – che avrebbe sicuramente pregiudicato per anni il ruolo della speleologia nel CAI – il 23 agosto 1959 il Corso venne inaugurato con la presenza di 12 allievi e tre osservatori; direttore del Corso Finocchiaro, affiancato per le escursioni in grotta da mezza dozzina di speleologi della Commissione Grotte mentre alle lezioni teoriche, tenute nei pomeriggi o alla sera, si sono alternati vari studiosi reperiti anche al di fuori del CAI2.
In grotta il corpo insegnate era composto da Bruno Boegan, Giorgio Coloni, Augusto Diqual, Luciano Saverio Medeot, Marino Vianello; gli allievi sono stati Luciano Croccolino, Guido Lemmi, Francesco Salvatori (Perugia), Giuseppe Coletti (Terni), Giovanni Mannino (Palermo), Michele Manfredi, Francesco Marvulli (Altamura, BA), Lorenzo Cargnel (Verona), Valerio Barbina, Franco Moro (Udine), Gianpaolo Auria, Tullio Piemontese (Trieste), mentre hanno seguito soltanto le lezioni teoriche il sottotenente De Luca e i sergenti Migliore e Fornara del Presidio Militare di Trieste.
Nei dieci giorni di permanenza sul Carso, con base al Camping Obelisco di Opicina, gli allievi, divisi in due gruppi, hanno visitato una serie di cavità scelte con caratteristiche morfologiche e tecniche di difficoltà e impegno via via maggiori, utilizzando il materiale del ben fornito parco attrezzi della Commissione Grotte; gli spostamenti venivano effettuati con mezzi messi a disposizione dell'Esercito. La dozzina di allievi provenienti da varie regioni d'Italia in una settimana ha avuto modo di scendere in grotte di crescente impegno fisico e tecnico. Le due uscite di fine corso sono state fatte all'Abisso di Trebiciano, 17 VG, successione di pozzi che conducono alla grande caverna sul cui fondo, a -329, scorre il Timavo, e alla 12 VG, bella cavità lunga oltre 600 metri e profonda 242.
La buona riuscita di questo primo corso convinse il Comitato Scientifico Centrale del CAI a reiterare l'iniziativa, affidandone il compito nuovamente alla Commissione Grotte "E. Boegan" che, con lettera di Finocchiaro a Nangeroni del 6 aprile 1960, si rese disponibile a condizione di poter contare su di un contributo di circa 200.000 lire (pari a quello dell'anno precedente): il rimanente della spesa sarebbe stato coperto con fondi della Commissione Grotte, con le quote di partecipazione e con finanziamenti reperiti in loco.
Conclusa positivamente la parte burocratico-finanziaria, vennero spedite a tutte le sezioni del CAI le circolari di invito e predisposto un programma di massima, perfezionato poi da Marino Vianello che apprestò una scaletta di escursioni calibrata su cavità di crescente difficoltà alternate ad altre più semplici ma esteticamente più appaganti3.
Il 27 luglio gli iscritti erano soltanto otto, di cui cinque che avevano già frequentato quello dell'anno precedente, ma il 20 agosto il Corso può venir inaugurato con la presenza di 16 speleologi provenienti da Chieti (Enzo Mascarucci), Terni (Giuseppe Coletti, Luciano Croccolino, Boris Moschovitz), Perugia (Guido Lemmi, Leonsevero Passeri, Francesco Salvatori, Calogero Viviani), Como (Cesare e Romano Dell'Oro), Verona (Alvise Maffei, Attilio Benetti, Lorenzo Cargnel), Venezia (Franco Maglic), Udine (Bruno Pani, Amedeo Sedola).
Il Corso, che ebbe un carattere essenzialmente pratico, si svolse l'ultima decade dell'agosto 1960 facendo base in un attendamento allestito presso la Grotta Gigante; in quei dieci giorni gli allievi ebbero modo di scendere in cavità presentanti caratteristiche morfologiche e tecniche particolarmente adatte agli scopi didattici4.
Le lezioni teoriche hanno illustrato, sia pur per sommi capi, gli aspetti fondamentali della speleologia: geologia generale e geologia del Carso triestino, le ipotesi speleogenetiche di Marussi (paleoidrografia carsica e sviluppo del carsismo profondo) e del Maucci (erosione inversa), meteorologia ipogea (con visita alla stazione meteorologica sotterranea "C. Doria", 3875 VG), biospeleologia, topografia e rilievo degli ambienti sotterranei, preistoria con visita agli scavi in atto alla Grotta dei Ciclami, 2433 VG, importante stazione preistorica del Carso5.
Il favore incontrato da questi due primi Corsi presso molti speleologi dei gruppi grotte CAI indussero il Comitato Scientifico Centrale a istituzionalizzare l'iniziativa facendoli seguire da altri, sempre impostati sulla medesima falsariga. Vennero così tenuti Corsi Nazionali negli anni 1962, 1964, 19676, tutti coronati da successo non solo dal punto di vista della partecipazione degli allievi, ma anche e soprattutto quale mezzo di diffusione su tutto il territorio nazionale delle moderne tecniche d'esplorazione. Presero parte, infatti, ai Corsi Nazionali speleologi inviati da gruppi che intendevano uniformare non solo la tecnica esplorativa ma, in vista dell'organizzazione di corsi locali, anche la didattica. Oltre che dalle regioni del Nord Italia, ove la speleologia era presente e strutturata da decenni, sono stati molti i corsisti che arrivarono dalle regioni del Centro e Sud Italia, con una ricaduta estremamente positiva: le relazioni interpersonali che si instaurarono nelle giornate del corso fra speleologi di varia estrazione culturale, sociale e territoriale dureranno nel tempo, venendo a formare una rete di amicizie e di rapporti di interscambio da cui trarrà profitto la speleologia italiana.
Estratto dal libro "50 anni di speleologia della Scuola Nazionale di Speleologia CAI 1958 - 2008"
a cura di Pino Guidi, Francesco Salvatori e Totò Sammataro